Published On: 7 Agosto 2025

La nostra missione ad Alessandria d’Egitto è una di quelle esperienze che ti lasciano un segno indelebile.

Siamo partiti con preoccupazioni e insicurezze, ma carichi di entusiasmo e curiosità, pronti per essere sommersi da ciò che ci stava aspettando. Il nostro progetto non si limita all’animazione nell’oratorio pomeridiano, anzi, la maggior parte delle nostre energie è destinata al corso intensivo di Italiano. Esso è pensato per preparare i ragazzi alla selezione che gli permetterà di essere ammessi alla scuola di formazione professionale, meccanici o elettricisti, del Don Bosco di Alessandria. Questa dura tre anni, al termine dei quali, i ragazzi ottengono una qualifica professionale che gli permette di accedere al quarto anno di un istituto tecnico in Italia oppure all’istituto salesiano di Cairo – El Sahel, in cui possono completare il loro percorso formativo. Solo alcuni di loro avranno questa opportunità di vita e quindi, per noi, è sia un’esperienza meravigliosa ma, allo stesso tempo, una grande responsabilità.

Abbiamo ricoperto principalmente due ruoli: quattro di noi hanno preparato e tenuto le lezioni frontali con l’aiuto di interpreti del posto, ovvero ex allievi della scuola stessa; gli altri invece si sono occupati delle esercitazioni di lettura, in cui ciascun alunno ha avuto la possibilità di essere seguito personalmente nel praticare quanto imparato a lezione.

Il primo vero scoglio incontrato, anche tra le mura della classe, è sicuramente la lingua. Cerchiamo di avvicinarci ai ragazzi tramite le poche parole arabe che abbiamo imparato, i gesti, gli sguardi, i sorrisi e i silenzi, che diventano imprescindibili in questo genere di interazioni.

Ogni “buongiorno, prof”, ogni risposta corretta, ogni domanda timida, ci permette di costruire una relazione sempre più umana ed autentica con ciascun ragazzo in modo tale da instaurare quella familiarità, di cui parlava Don Bosco, che porta affetto e, di conseguenza, confidenza. Un aspetto che sicuramente ci ha colpito sin da subito è la voglia di questi ragazzi d’imparare, di conoscere, di mettersi in gioco.

Inoltre è bene evidenziare come, all’interno di questo ambiente, convivono sia ragazzi islamici che ragazzi musulmani che si rispettano reciprocamente. Questa dinamica è evidente anche all’interno del corpo docente, infatti anche noi ci siamo sentiti sin da subito in sintonia con tutti gli altri professori e con gli interpreti che ci hanno affiancato. Viviamo tutto questo anche con la consapevolezza che alla fine del corso ci sarà una selezione. Ci verrà dato il compito di correggere quell’esame e sapere che molti di quei ragazzi pieni di gioia dovranno pensare ad un piano B oppure a interrompere gli studi.

Questa selezione così rigida ci toglie il respiro ma sappiamo che non viene fatta a cuor leggero. Essa viene fatta per il bene dei ragazzi, infatti, in Egitto, se un ragazzo viene bocciato per due volte, perde il diritto di frequentare qualsiasi scuola, anche quelle pubbliche. Quindi, per evitare che, una volta entrati nella scuola salesiana, i ragazzi vengano bocciati al primo anno, è stato istituito questo test di ammissione. Coloro che non riescono a superare la selezione possono comunque iscriversi in un’altra scuola senza alcun problema, in modo tale da evitare che perdano l’anno. Sappiamo bene che dietro a ogni voto, ogni errore, c’è una storia, una famiglia, mille sacrifici. Cerchiamo di incoraggiarli, di fargli capire ogni singolo argomento, a costo di stare anche un’ora solo con uno di loro, inventiamo nuovi metodi per rendere l’italiano più piacevole, meno ostico.

Questa esperienza ci sta insegnando molto più di quanto noi stiamo donando. Ogni giorno questi ragazzi, solo guardandoli, riescono a farti capire cos’è l’impegno e la gratitudine. Ogni sorriso ricevuto, ogni “ok, grazie prof” dopo avergli spiegato un argomento poco compreso a lezione, una frase finalmente pronunciata correttamente, l’applauso dei complici compagni. Ogni piccolo gesto diventa un grande dono.

Anche se lontani da casa, qui ad Alessandria, ne abbiamo trovata un’altra. È nei corridoi della scuola, nelle strette di mano con gli alunni a fine lezione o la mattina presto prima di entrare in classe, nell’orgoglio di aver imparato una frase nuova, e sai che sentirai ripeterla per tutto il giorno, nei nostri tentativi di imparare parole arabe e nelle risate esplose ogni volta che sbagliamo, nelle conversazioni in cui ci si capisce con uno sguardo o un gesto.

Qualcuno rimarrà deluso, qualcun altro capirà che forse poteva fare di più. Molto probabilmente non li rivedremo più ma ognuno di loro ci ha lasciato qualcosa. Quei volti rimarranno impressi nella nostra mente. Non siamo venuti qui solo per insegnare a questi ragazzi l’Italiano, infatti speriamo di essere riusciti, nel nostro piccolo, a seminare qualcosa nei loro cuori. Speriamo che, riguardando le mille foto fatte insieme, si ricordino di noi per un po’. Siamo venuti qui per imparare, crescere, condividere, donare e non finiremo mai di dire “‎شكرًا”(shukran: grazie).

Un grazie per l’esperienza meravigliosa, resa tale anche con l’enorme aiuto di tutta la comunità salesiana dell’opera di Alessandria. Grazie a tutti i ragazzi conosciuti. Grazie alla semplicità respirata ogni giorno. Grazie all’accoglienza ricevuta in tutto per tutto.

E un grazie va anche a tutti noi, per esserci stati.

 

Costanza e Federico