Published On: 19 Agosto 2025
sig. Pietro Vespa

Calliano Monferrato (AT), 25 settembre 1927 | + Roma, 19/08/2025

Annuncio

La comunità salesiana "Sant'Artemide Zatti" e la Circoscrizione Salesiana “Sacro Cuore” – Italia Centrale

annunciano che HA RAGGIUNTO LA CASA DEL PADRE

PIETRO VESPA salesiano coadiutore

81 anni di vita religiosa morto il 19 agosto 2025 a 97 anni d’età

FUNERALI giovedì 21 agosto - h. 10,00 – Basilica Santa Maria Ausiliatrice - Roma

La salma attenderà la resurrezione nella tomba dei Salesiani nel Cimitero di Frascati

Biografia

Omelia

di don Roberto Colameo, Superiore ICC

Carissimi, desidero innanzitutto porgere le mie condoglianze ai parenti del Sig. Pietro qui presenti.

Saluto tutti i confratelli, in particolare quelli della Comunità del Pio XI e di Sant’Artemide Zatti. Rendo grazie al buon Dio per la Sua delicata carezza perché insieme a Don Bosco si fa presente in don Fabio Attard, XI Successore di Don Bosco, il quale ha desiderato partecipare al dolore per la perdita di un “patriarca” della Congregazione presiedendo il nostro “rendimento di grazie”. Caro don Fabio, ti siamo grati e riconoscenti, perché ci sei vicino!

Saluto tutti i presenti, le FMA, i membri della Famiglia Salesiana, le Sorelle di Gesù Abbandonato, il personale dell'infermeria, e quanti sono qui per il profondo e duraturo rapporto di amicizia che hanno avuto con il Sig. Pietro. Una vita decisamente lunga, quella del Sig. Vespa, uno dei decani della Circoscrizione. Desiderava continuare a viverla, se non altro per raggiungere il traguardo dei 100 anni. Non c’è problema: la festa con lui e per lui la faremo insieme in Cielo! Una vita interamente dedicata al lavoro, fino alla tarda età, e sempre accompagnata dalla serenità del cuore e dall'amore per la vita, per la Congregazione Salesiana, per il Signore Gesù.

Chi può parlare di un uomo che per pura grazia e misericordia di Dio, ha racchiuso nel tempo della sua vita terrena doni tanto preziosi quali la fede cristiana, la professione religiosa e la partecipazione attiva a edificare la chiesa con l’annuncio del Vangelo come salesiano? Su questa nostra assemblea, raccolta dall’amicizia, dalla riconoscenza, dalla volontà di offrire preghiere per il Sig. Pietro, si alzi luminosa la luce del Risorto, che conferma nella fede che la vita non è tolta ma trasformata, che nessuna realtà ha potuto separare il Sig. Pietro dall’amore di Cristo. Per lui valgono le parole dell’Apostolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”. Siamo persuasi che né morte né vita hanno potuto separare il Sig. Pietro dall’amore di Cristo, dall’amore della Chiesa, dall’amore all’Ausiliatrice e a Don Bosco.

Questo momento, nella esagitata vita moderna, è l’ultimo dono che il Sig. Pietro offre. Lui che, come ogni cristiano, sia che viva sia che muoia, vive e muore nel Signore. Un dono a noi, confratelli salesiani, a coloro che con lui hanno camminato in questa Comunità, alle persone che ha incontrato e i giovani ai quali ha offerto la sua dedizione, il suo impegno e la sua ricca umanità. Non termineremo questo momento di preghiera, di memorie, senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla vita e testimonianza del Sig. Pietro, avendo chiaro che sapienza è guardare alla luce, tanto più luminosa se evidenziata da zone d’ombra che si perdono nella misericordia di Dio, che è infinita.

Credo di non andare lontano dalla verità esprimendo la sua testimonianza con queste parole: una retta coscienza, un grande amore alla Congregazione, una grande passione per il lavoro e un amore filiale per Maria. Tutto in una profonda dimensione di fede.

Una prima caratteristica è quindi la retta coscienza, il senso del dovere, la disponibilità reale vissuta in tutto l’arco dei suoi 97 anni di età e 81 nella scelta di vita salesiana. Un uomo forte, nel carattere, nella fede, nell’amore. Fu un autentico interprete della vocazione del coadiutore salesiano, come voleva Don Bosco.

Don Bosco previde un grande esercito di laici al servizio del regno di Dio. Nel 1883 parlò espressamente di quest’idea innovatrice a 22 novizi che si preparavano a essere salesiani coadiutori. Ho la certezza che il Sig. Pietro si è lasciato guidare da questo intervento di Don Bosco: “Vi parlerò di due punti. Il primo, per spiegarvi l’idea che ho sul Coadiutore Salesiano. Non ho mai avuto il tempo e l’occasione di spiegarlo bene. Siete qui riuniti per imparare l’arte e la pratica della religione e della santità. Perché? Perché ho bisogno di collaboratori. Ci sono cose che né i sacerdoti né i chierici possono fare, ma le farete voialtri. Ho bisogno di poter disporre di qualcuno di voi e collocarlo in una tipografia e dirgli: Occupati delle cose e guarda che tutto vada bene. E a un altro mandarlo in una casa e dirgli: Curati dei laboratori o dei suoi lavoranti e guarda che si svolga il lavoro come si deve. Ho bisogno di qualcuno a cui poter affidare responsabilità di maggior responsabilità, come la gestione dei soldi, la casistica legale o la rappresentanza della casa davanti la gente di fuori... Gente, veramente, a cui si possa dare fiducia nel lavoro normale della cucina e della portineria: che provvedano alla casa del necessario e che non manchi niente… ecc. Ho bisogno di gente a cui affidare cose come queste, e voi dovete essere queste persone. In una parola, voi non potete essere solo gente che lavora, ma che sa dirigere. Dovete essere incaricati e supervisori di altri lavoratori, non solo impiegati. Tutto questo, dunque, secondo alcune norme e dentro limiti precisi: ma tutti dovete inserirvi nel processo direttivo come se foste i responsabili dei lavoratori. Questa è l’idea del salesiano coadiutore. E sento la bruciante necessità di avere molti che vengano e ci aiutino in questo senso. E adesso voglio parlarvi del secondo punto che è più urgente. Precisamente perché dovete aiutarmi a portare avanti con iniziative pregnanti il vostro lavoro che sarà anche molto delicato. Dovete acquisire molte virtù. Se avete da supervisionare altri, voialtri dovete, anzitutto, saper dare il buon esempio. La presenza di uno qualsiasi di voi deve essere garanzia di ordine e di moralità e del fatto che facciamo il bene. Perché se il sale perde il suo sapore… E adesso lasciatemi concludere: Nolite timere, pusillus grex. Non abbiate paura: Aumenterete di numero ma soprattutto aumentate in bontà e in energia. Allora vi vedrete come leoni invincibili capaci di fare un bene immenso” [Eugenio Ceria, Memorie Biografiche di san Giovanni Bosco 1883, Vol. XVI, pagg. 312-313, SEI 1935]

Credo che tutti noi abbiamo gioito nel sentire quanto grande, ricca e geniale fosse l’intuizione di Don Bosco nel concepire la vocazione del Salesiano laico consacrato. Egli aveva davanti dei modelli storici molto noti: il monaco e il fratello laico degli Ordini mendicanti. Volle creare qualcosa di nuovo ed originale: un religioso per i tempi moderni, la cui vocazione doveva essere connotata da alcune caratteristiche. Anzitutto la flessibilità, in risposta al rapido cambiamento e ai bisogni dei giovani. Poi, l’attribuzione di piena responsabilità: abbiamo sentito designare i compiti che loro assegnava Don Bosco, con verbi quali "dirigere e amministrare", "diventare maestro e catechista", ecc. Infine, la ampiezza di respiro della sua missione. Oggi parleremmo di "globalizzazione" di tale vocazione. E se la lettera di alcune sue affermazioni può far pensare al Salesiano laico come al coadiutore dei sacerdoti, nella sua mente egli doveva essere coadiutore di Dio, per il suo Regno. Una vocazione teologicamente fondata in modo molto solido. L’esempio e l’intercessione di Sant’Artemide Zatti e di altri venerati fratelli coadiutori, che hanno speso la loro esistenza per il Regno di Dio, ottengano anche oggi alla Famiglia salesiana il dono di tali vocazioni. Senza enfasi, credo di poter dire che il Sig. Pietro fu un degno interprete della vocazione salesiana del coadiutore e ha saputo viverla con serenità e gioiosa testimonianza.

Nella cartella custodita nella segreteria ispettoriale ho trovato ben conservato in una busta sigillata il suo Testamento, poche parole, chiare e precise: “Il sottoscritto Pietro Vespa di Melchiorre e di Olimpia Gioffredi, nato a Calliano Monferrato (AT) il giorno 25 settembre del 1927, attualmente domiciliato a Chieri-Villa Moglia nel pieno possesso delle sue facoltà mentali e di sua mano scrive e deliberatamente dichiara: 1. Di essere nato nella Chiesa Cattolica e di voler morire in essa. 2. Di ringraziare i genitori, i suoi superiori ed in genere tutte le persone che in qualche modo lo beneficarono e di raccomandarsi alle lore preghiere. Così sia”. 16 giugno 1944. All’età di 11 anni (1938) entra per la prima volta nella Casa Salesiana di Penango – dove si preparavano i futuri missionari salesiani -, vi rimane per tre anni frequentando tre corsi di Ginnasio; si trasferisce al Colle Don Bosco dove si esercita in legatoria e prende la licenza di avviamento professionale.

Il 17 maggio 1943 scrive la sua domanda per essere ammesso al Noviziato: “Amato Padre, sento in me l’insistente desiderio di seguire questa bella e nobile vocazione che la Madonna fin da piccolo mi ha inculcato nel cuore. Durante i miei anni di aspirantato il seme della mia vocazione germogliò. Ma in quest’ultimo anno divenne un alberello promettente copiosi e squisiti frutti […] Io intendo farmi figlio di Don Bosco per tre motivi: 1° Per salvare più sicuramente l’anima mia; 2° Per fare del bene a tanti giovani; 3° Di seguire il mio ideale missionario”. Interessante le osservazioni del Consiglio locale del Colle Don Bosco che delineano fin da subito le caratteristiche temperamentali del Sig. Pietro: “D’indole taciturna, a volte, scontrosetto. Ama il “suo” lavoro (il virgolettato è proprio del testo). Di pietà, di volontà decisa nella sua vocazione”. Il 15 agosto del 1943 inizia l’anno di noviziato a Villa Moglia e il 28 ottobre del 1943 incontra don Pietro Ricaldone, nelle cui mani – mesi dopo - il 16 agosto 1944 emetterà la prima professione religiosa, diventando Salesiano di Don Bosco! Nella domanda per la rinnovazione dei voti triennali scrive: “In questi tre anni di vita salesiana ho avuto occasione di constatare la grande grazia che il Signore ha fatto donandomi la vocazione religiosa. Delle difficoltà ne ho trovate, ma la grazia del Signore non è mai mancata” e il 17 luglio 1947 nelle mani di don Albino Fedrigotti rinnova l’offerta al Signore della sua vita. E giungiamo così alla domanda per la Professione Perpetua, siamo nel 1950: “Se nella prima che presentai al termine del Noviziato predominava il giovanile entusiasmo per la vita religiosa, tanto affascinante e piena di bei sogni di apostolato, senza pur tuttavia conoscerne le varie difficoltà, in questa mia ultima [non troviamo più nessun altro scritto custodito in archivio], al primiero giovanile entusiasmo si aggiunge la virile convinzione di potere e volere passare tutta la vita con Don Bosco”. Sempre a Colle Don Bosco – dove già dal 1944 di trovava - emette la sua professione perpetua il 15 agosto del 1950 nelle mani di don Pietro Tirone.

La vita salesiana da allora si concentrerà in due grandi periodi: dal 1944 al 1965 al Colle Don Bosco; dal 1965 al 2025 a Roma Pio XI. A Roma Pio XI sarà parte del Consiglio locale dal 1965 al 2006. Nell’ Ispettoria Salesiana Romana, sarà Consigliere Ispettoriale in due sessenni: 1973-1979 e 1988-1994. Dentro c’è tutta la sua esistenza. Se volessimo definire, la poliedrica personalità del caro Vespa, dovremmo coniugare tante parole, ma alcune di esse non si possono tralasciare: UMANITÀ, PROFESSIONALITÀ, LAVORO, CAPARBIETÀ, PASSIONE, EDUCAZIONE, SALESIANO.

Le parole di don Giancarlo De Nicolò ci restituiscono un’immagine vivida: Sentirlo raccontare le sue memorie, ricordare i Salesiani delle antiche generazioni, soprattutto i Superiori e d. Ricaldone in particolare, per cui aveva una tenera devozione, è ridire ancora una volta che la Congregazione ha una storia che ci contraddistingue e da riconoscere, e di cui andare orgogliosi: volti e opere che l'hanno resa grande, che hanno concretizzato il sogno di don Bosco. Il sig. Vespa ne era un testimone, sempre simpaticamente loquace. Adesso anche lui entra in questa storia che ricorderemo, salesiani coadiutori manager competenti, lavoratori senza sosta, critici benevoli o a volte impazienti. Ma persone vere. Non è arrivato ai cent'anni di cui - affidandosi a don Bosco - era quasi certo: peccato, ma la festa con e per lui la faremo, la faremo certamente. Un'altra memoria da incorniciare”.

Quaranta (e oltre) anni di servizio in Tipografia non sono cosa da poco: il nome del Sig. Vespa è quasi un tutt’uno con la tipografia e, in molte circostanze, con la stessa Casa del Pio XI. Un nome conosciuto nei confini dell’Ispettoria e oltre nella Congregazione. Un nome apprezzato in casa e fuori. Come oggi si direbbe in altro contesto: un nome che dice qualità, servizio competente e appassionato, lavoro generoso. Tante le persone che possono testimoniarlo. Davvero, e non dico parole eccessive e fuori luogo, lo sarebbero se non servissero a ringraziare il Signore che, tramite i “talenti”, si serve per far avanzare il suo Regno.

Don Valerio Baresi, parroco di questa Basilica di Maria Ausiliatrice al Tuscolano testimonia: “Signorile sempre. Impeccabile. Giacca e cravatta. Amante dell’odine e della pulizia, nella persona e negli ambienti. Innamorato di Don Bosco e della vocazione salesiana, non perdeva occasione per ricordare il tempo vissuto al Colle Don Bosco, prezioso, stupendo. Riconoscente per quanto i superiori gli avevano affidato con fiducia e stima. Orgoglioso della sua missione di coadiutore, impegnato nella diffusione della parola, del libro, di tutto ciò che era legato alla tipografia, dall’eleganza del testo alla bontà di contenuti. Preciso e puntuale, nel suo lavoro e nella vita della comunità. Si commuoveva ogni volta che suonavamo o cantavamo “Giù dai colli…” ricordando che quel canto era stato un po’ all’origine della sua vocazione: fu il primo brano udito, suonato dai ragazzi della banda musicale dei Salesiani. Ascoltato proprio accanto al caro nonno, che con amore e profonda saggezza, gli indicava le cose belle e preziose della vita”. Don Gian Luigi Pussino il quale ha avuto con il Sig. Pietro anni di conoscenza e di condivisione di vita comunitaria al Pio XI, di suo Consigliere come Ispettore, e che ha vissuto con lui situazioni di sofferenza soprattutto quando nel 2006 gli chiese di lasciare la “direzione” della Tipografia, ricorda: “Una persona appassionata che nella vita ha fatto proprio il Da mihi animas. Il Sig. Pietro è stato un appassionato per la sua vocazione di Salesiano Coadiutore, nata e irrobustita negli anni giovanili vissuti al Colle Don Bosco, di cui volentieri faceva memoria anche con qualche nota di nostalgia. Appassionato per il suo lavoro in Tipografia, nella quale viveva una modalità di servizio per la Casa e la Ispettoria e per mezzo della quale continuava a rendere viva e significativa la tradizione salesiana nell’arte grafica iniziata dallo stesso Don Bosco a Valdocco. Le fatiche quotidiane, la soddisfazione dei clienti, il riconoscimento delle capacità gestionali, lo portavano a una giustificata soddisfazione caratterizzata anche da alcuni toni di orgoglio: poteva dare l’impressione di essere presuntuoso, ma era quanto dovuto per un lavoro che si esprimeva nella qualità del prodotto, nella consegna puntuale, nella riuscita di un prodotto alla quale avevano collaborato corresponsabilmente molteplici dipendenti e collaboratori. La Tipografia di Roma-Pio XI era conosciuta e riconosciuta come riferimento sicuro per la Sede Centrale della Congregazione, così come per più Istituti di vita consacrata nell’ ambito maschile e femminile. Il suo stile nel portamento e nel tono di voce poteva dare l’impressione di una qualche rigidità e talvolta anche irruenza, valutazioni forti e senza sconti anche nell’ambito della vita comunitaria e di quella della Ispettoria e della Congregazione: erano espressioni della sua volontà di fedeltà, coerenza, serietà. Questa forte passione salesiana e professionale era accompagnata e supportata da uno stile di vita ordinata e ritmata senza eccessi. Le giornate piene di attività lavorativa erano sempre segnate innanzi tutto dai momenti di vita comunitaria nella preghiera e nel momento dei pasti, così come quotidianamente curava i momenti di pausa e di riposo, e da un rallentamento nell’attività lavorativa il giorno di domenica, segnata dalla fedele partecipazione alla Santa Messa nella Basilica di Maria Ausiliatrice”.

Don Ermino De Santis, missionario in Madagascar, ha fatto giungere la sua testimonianza: “Caro don Michelangelo, voglio esprimere di tutto cuore le più sincere condoglianze e la mia fraterna vicinanza, in questo momento luttuoso, a te, caro direttore e a tutta la comunità del Pio, dove il Sig. Pietro ha vissuto per più di sessant'anni con grande zelo e in piena attività. Lo ricordo con piacere fin dal mio arrivo al Pio nel 1970 come giovane tirocinante: si era creata subito una reciproca simpatia, diventata poi solida amicizia. Lo ringrazio per le molte testimonianze di vera salesianità e amore a Don Bosco e alla Congregazione. Sono sicuro che Don Bosco lo ha già abbracciato in Paradiso. Prego per lui nella Santa Messa, chiedendogli anche il suo ricordo al Signore per me”.

“Quando feci la professione don Ricaldone mi suggerì di chiedere 80 anni di vita religiosa. Oh! Me li ha concessi! Allora gliene ho chiesti altri due!” Queste le ultime parole del sig. Vespa, qualche giorno fa, prima di partire per gli Esercizi spirituali. Dopo avermi salutato garbatamente, essersi complimentato per il gran lavoro - sincerandosi che a scuola andasse tutto bene, mi disse: “Io vi vedo! Quanto lavorate… che bello il Pio!” Era così: discreto, cordiale, attento ai confratelli, puntuale, semplice, di una nobile semplicità, si congratulava con noi, ci voleva bene… Che bello sentirsi benvoluti dai confratelli! Pietro ci dava spesso questa gioia. Di questi due ulteriori anni richiesti, il Signore ne ha concesso un altro ancora. Un anno sofferto: era caduto, dovette trasferirsi in infermeria e - nonostante le ottime cure ricevute - gli mancava la comunità, vedere i volti, passeggiare tra i ragazzi, scendere in refettorio. Voleva scendere a tutti i costi. Il medico diceva che dopo la caduta non si sarebbe più rialzato né avrebbe camminato; invece, la tempra forte di Pietro lo ha consentito. Il ricordo più bello che ho sono le sue lacrime. Si commuoveva molto spesso - segno di un cuore buono che ama tanto il Signore. Si commuoveva nel ricordare la vita al Colle da dove proveniva, i suoi genitori, la forza d’animo dei suoi nipoti, il piccolo Thomas mancato poco fa, il Rettor maggiore che credeva in lui, don Bosco. Continuava a leggere. Un giorno scese in refettorio e mi disse: “Lo sa che don Viglietti chiamava don Bosco ‘papà’?” Era commosso, e mi fece vedere le testimonianze storiche che lo appuravano. “Ci crede? È storia questa. Storia vera. I ragazzi di don Bosco lo chiamavano ‘papà’! Ci pensa? Di’, che bello!”. Era da esempio vedere in lui la semplicità dei piccoli che sanno stupirsi. Caro Pietro, grazie per aver vissuto il “se non saprete farvi come i bambini non entrerete nel Regno dei cieli”, nonostante gli incarichi di responsabilità avuti e la tua età; grazie per essere stato un vero salesiano; grazie per essere stato un confratello che non giudica, incoraggia, stima e vuol bene. Sono certo che ora passeggi sereno in Paradiso con il tuo amato don Bosco, con don Ricaldone, col piccolo Thomas. Che tu possa esserci da esempio” così scrive don Gabriele Graziano Vicario e Preside della Scuola.

“Una persona che per la professionalità che aveva acquisito e per la posizione che la tipografia aveva raggiunto negli anni, ha avuto certamente tante possibilità, eppure la sua rettitudine non gli ha mai permesso di lasciarsi adulare dalle aziende. Altra cosa di cui andava fiero era di aver capito che la produzione e la formazione chiedevano una tempistica e modalità diverse, sia per non perdere clienti sia soprattutto per non mortificare il lavoro dei ragazzi e dare loro il tempo di formarsi senza pressioni. Era orgoglioso del suo essere salesiano. Era orgoglioso del suo essere piemontese. Era orgoglioso del suo essere coadiutore. Mi ha sempre colpito perché, al di là della giusta difesa della figura del coadiutore, alla base di tutto c’era un affetto per don Bosco che ho visto in pochi altri confratelli. Il sig. Pietro quando parlava di don Bosco si commuoveva fino alle lacrime, come pure quando parlava di alcuni suoi superiori e della paternità che avevano avuto con lui. Gli ho sempre sentito fare il tifo per i salesiani e anche per i superiori (cosa non comune) nonostante certamente in qualche occasione si sia trovato in disaccordo con qualcuno. In cielo sono certo che, sorridendo con don Bosco, farà il tifo e intercederà per le vocazioni di altri santi coadiutori”. Davvero profonde e sentire queste parole di don Stefano Aspettati.

Carissimo Sig. Pietro, ti ringrazio per il servizio che hai reso per lunghi anni nella Casa di Roma Pio XI: a nome di tutta l’Ispettoria ho il dovere di esprimerti la riconoscenza e la gratitudine per come ha diretto per decine di anni la Tipografia, con dedizione, competenza e professionalità. Generazioni e generazioni di dipendenti, collaboratori, operai hanno potuto godere del tuo tratto signorile, della tua tenacia, del tuo amore per la Chiesa e la Congregazione. Tante volte hai “salvato” il Pio XI dalle emergenze finanziarie e di tutto questo non possiamo che dirti di vero cuore GRAZIE! Quanti sacrifici hai dovuto sopportare, ma con quanta gioia il Signore ti ha ripagato. Hai testimoniato con gioia e dedizione la tua offerta al Signore come Salesiano Coadiutore: tutti i giovani, le persone che hai incontrato ed educativamente accompagnato ti sono riconoscenti e grate. La tua umiltà, semplicità, condita dal dialogo costante con il Signore, ti hanno reso un fulgido esempio. In questi ultimi mesi hai attraversato un momento difficile della tua vita in cui la salute sembrava venire meno: il tuo ricovero in ospedale nel mese di marzo 2025, il tuo dover rimanere in una struttura come la Comunità “Artemide Zatti” che accompagna con amore i confratelli, è stata occasione per porre tutto nella preghiera e offrirlo al Signore per la salvezza delle anime e per le vocazioni. Hai davvero saputo vivere anche questo come un tempo preziosissimo di grazia che il Signore ti ha offerto per poter rendere sempre più totale e gradito a Dio il dono della Sua vita.

Per il salesiano la morte è vista alla luce della realtà apostolica della sua vita. Egli spera di sentirsi dire: "Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore" (Mt 25,23). È questa l'assicurazione stessa di Don Bosco, che parla ai suoi confratelli del premio che è loro riservato e indica il Paradiso come il luogo di appuntamento per i suoi figli, la meta a cui tende tutto il lavoro, il momento del riposo. È quello che crediamo tutti noi, ed è quello che già vive il nostro caro confratello Pietro Vespa. Aveva ragione Don Bosco nell’affermare: “Quando avverrà che un salesiano soccomba e cessi di vivere lavorando per le anime, allora direte che la nostra Congregazione ha riportato un grande trionfo e sopra di essa discenderanno copiose le benedizioni del Cielo”. Il salesiano non va mai in pensione, anche se qualche assicurazione sociale gliene offre le possibilità. Egli lavora “per le anime” fino a che ne ha le forze, disposto a soccombere a questo compito. È l’applicazione suprema del “da mihi animas, cetera tolle”: Signore, toglimi anche questo riposo finale a cui ogni uomo aspira, se con il mio lavoro posso ancora far del bene a qualche anima! “Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”. Il salesiano è apostolo fino alla fine, e muore da apostolo, coerente con l’esortazione del nostro Padre Don Bosco: “Ci riposeremo in paradiso”. Lì, Vespa ci attende!

Le parole della fede e, soprattutto, la partecipazione al corpo e sangue del Signore ci permettono di dare senso al dolore per la dipartita del nostro confratello e anche all’attesa del nostro personale compimento in Cristo. Così in questo momento di afflizione possiamo proclamare nella fede: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. Per Pietro Vespa la venuta del Signore si è compiuta; l’“Eccomi” ha raggiunto la sua pienezza. Per noi che siamo in cammino resta il suo esempio di fedeltà a Cristo, alla Chiesa e a san Giovanni Bosco come incoraggiamento e sostegno, affinché un giorno siamo trovati degni di essere accolti nell’abbraccio della misericordia infinita di Dio che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen!