Published On: 9 Agosto 2025

Vi abbiamo tenuto aggiornati sul nostro arrivo ad Alessandria, sulle nostre prime esperienze in oratorio e su ciò che stiamo vivendo all’interno di questa bella casa salesiana, in questa nostra esperienza missionaria estiva. Oggi vogliamo raccontarvi un’esperienza diversa: quella di vivere la città.

L’oratorio salesiano di Alessandria d’Egitto ci è sembrato fin da subito un’isola felice in mezzo al caos: un luogo dove il tempo si ferma e i bambini possono davvero vivere come tali. Anche noi, da subito, ci siamo sentiti protetti da queste imponenti mura, al di là delle quali arrivavano odori e rumori a noi estranei, una volta usciti la sensazione di smarrimento ci ha travolti. Allo stesso tempo, però, ci ha spinti la curiosità di capire cosa vivono ogni giorno i ragazzi che incontriamo.

La prima impressione che abbiamo avuto della città è che Alessandria sia una realtà che non ce l’ha fatta. La sua struttura urbana non è molto diversa da quella di tante metropoli occidentali: ci sono grandi viali, monumenti, musei e centri commerciali. Eppure, tra queste vie, si respira una condizione di povertà diffusa. Non è una povertà fatta di capanne o deserto, ma di grandi palazzi e distese di cemento, in cui però non esiste uno spazio sano e dignitoso per ciascuno dei suoi sei milioni di abitanti. Passeggiando per il quartiere di Karmus, dove si trova l’oratorio, ci siamo trovati immersi in un mercato a cielo aperto. La situazione è estremamente caotica, lungo le strade vengono esposti i prodotti tipici della zona: spezie, carne di agnello, frutta e verdura di ogni genere, prodotti da forno e piatti pronti. Alle grida e agli schiamazzi tipici del mercato si uniscono i clacson dei tuc-tuc che si fanno largo nella folla, tra piccole caprette e cani randagi. Alzando lo sguardo, è facile notare abitazioni fatiscenti, spesso sostituite da cumuli di macerie e rifiuti. Il degrado è evidente e tangibile.

Eppure, in mezzo a tutto questo, non è raro vedere un’auto europea da poco sul mercato o un bambino che ci chiede di farsi un selfie con uno smartphone di ultima generazione. Si percepisce forte il desiderio di occidentalizzazione: fast food, insegne luminose, lattine di Coca-Cola spuntano ovunque lungo le nostre passeggiate. Quello che ci resta impresso di Alessandria è il suo tentativo, a tratti disperato, di essere una città all’altezza degli standard occidentali. Un tentativo che, per motivi culturali, economici e temporali, sembra essersi arenato, lasciando la città in una condizione di stallo. Una povertà che non deriva tanto dall’assenza di risorse, ma dalla mancanza di cura, di ordine, di equilibrio. Alessandria è una città piena di contraddizioni, in bilico tra modernità e abbandono, tra desiderio di progresso e una realtà difficile da superare. E proprio in questo contrasto, forse, risiede il suo lato più umano e autentico.

Eppure, qualcosa si muove. In mezzo al rumore, alla polvere e alle contraddizioni, ci sono sguardi vivi, giovani che si impegnano, adulti che resistono e spazi, come l’oratorio salesiano, che custodiscono il seme di un cambiamento possibile. Forse Alessandria non ce l’ha ancora fatta, ma ogni giorno ci prova. E in questo sforzo quotidiano, silenzioso e testardo, sta la sua più grande forza.

Camilla e Cristiano