
Si è tenuta a Genova l’inaugurazione del Museo delle Spedizioni Missionarie Salesiane, un ponte tra la culla salesiana di Valdocco e il porto ligure da cui salpò la prima missione. L’evento celebra il 150° anniversario dell’invio dei primi missionari.
In questi giorni, a Valdocco, proprio nel cuore dell’oratorio di Don Bosco, ci sentiamo avvolti da un vento nuovo, un soffio di Spirito che anima e rinnova il nostro ardore missionario.
È il vento portato dai giovani del Movimento Giovanile Salesiano, protagonisti dell’evento bAMission, una delle esperienze più belle e significative della nostra Italia salesiana. Qui si respira un’aria di gioia, di fraternità, di missione.
Uno dei momenti più toccanti di questi giorni è stato l’incontro con i nuovi missionari salesiani, i partenti della 156ª spedizione missionaria, che riceveranno la benedizione del Rettor Maggiore, don Fabio Attard, alle ore 17 di lunedì 11 novembre — una data che risuona fortemente nel cuore della nostra storia, richiamando quell’11 novembre 1875, giorno della prima spedizione missionaria salesiana.

Allora, Don Bosco salutò e benedisse dieci missionari: sei sacerdoti e quattro coadiutori, tutti giovani tra i 19 e i 37 anni, tutti cresciuti nel suo oratorio, tutti pronti a lasciare una casa per costruirne molte altre, a vantaggio dei giovani e dei più poveri. La loro destinazione era l’Argentina e la Patagonia, terre lontane ma ormai divenute casa salesiana.
In quella storica serata, nella Basilica di Maria Ausiliatrice, Don Bosco pronunciò parole che continuano a illuminare il cammino missionario di oggi:
“In questo modo noi diamo inizio a una grande opera, non perché si creda di convertire l’universo intero in pochi giorni, no. Ma chi sa che non sia questa partenza e questo poco come un seme da cui abbia a sorgere una grande pianta? Chi sa che non sia come un granellino di miglio o di senapa, che a poco a poco vada estendendosi e non abbia da produrre un gran bene?”
Al termine di quei vespri, Don Bosco abbracciò i partenti con la tenerezza di un padre. Don Lemoyne, commosso, gli sussurrò: “Don Bosco, comincia dunque ad avverarsi l’Inde exibit gloria mea — Di qui uscirà la mia gloria.”
Oggi, a 150 anni da quel primo abbraccio, quel piccolo seme è divenuto un grande albero, radicato in 136 paesi del mondo con il mandato: andare, annunciare, servire, amare, con lo stesso spirito dei primi missionari, con lo stesso cuore di Don Bosco e con lo stesso entusiasmo dei giovani che continuano a rendere viva la missione.
Negli anni che hanno portato a questo anniversario, in cui la Famiglia Salesiana ha voluto “Ringraziare, ripensare, rilanciare” il proprio apostolato, uno dei fronti più significativi è stato la cura e la valorizzazione delle memorie missionarie.

Tra gli eventi significativi, spicca il Museo delle Spedizioni Missionarie di Genova: testimonianza viva della vita e del fervore missionario che da sempre circondano la città ligure, punto di partenza per molte missioni fino al 1950. La scelta di Genova non è casuale: se Torino è il grembo spirituale, il porto ligure fu il vero e proprio punto di partenza per l’avventura missionaria di Don Bosco: i primi dieci missionari ricevettero il mandato a Valdocco, e nei giorni successivi salparono proprio dal porto di Genova con destinazione Argentina e Patagonia.
Ideato da don Francesco De Ruvo e dall’architetto Valentina Calabrese, il museo si sviluppa attorno alla storica “cameretta di don Bosco” di Sampierdarena, dove il santo soggiornò in occasione delle sue 49 visite a Genova.
Il percorso espositivo raccoglie oggetti personali, documenti della fondazione della casa salesiana, lettere dei primi successori di don Bosco, i paramenti cardinalizi di Giovanni Cagliero e pannelli che narrano la lunga storia di missionarietà della Famiglia Salesiana, da sempre viva e feconda attorno alla città.
Don De Ruvo ricorda anche l’impegno della comunità genovese nei progetti “Africa” ed “Europa” degli anni Ottanta, segno di una missionarietà che non è un accessorio, ma parte integrante del carisma salesiano: andare incontro ai giovani più poveri per annunciare il Vangelo.
Oggi, come allora, questo spirito continua a rinnovarsi. Le nuove spedizioni missionarie dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice — giunte rispettivamente alla 156ª e alla 148ª — sono la prova che quel soffio di Spirito che partì da Valdocco nel 1875 non si è mai spento: continua a soffiare, da Torino a Genova, e da lì fino ai confini del mondo.
Genova, Il Porto della Storia e della Missione Salesiana
Il nuovo Museo sorge all’interno della storica Opera Don Bosco di Sampierdarena, fondata nel 1872, e si sviluppa attorno alla cameretta del Santo, tuttora conservata. Il percorso espositivo raccoglie reliquie, lettere e documenti storici che non solo raccontano l’impegno missionario, ma testimoniano anche il profondo legame di amicizia tra San Giovanni Bosco e il capoluogo ligure, città dalla forte vocazione operaia e industriale.
“Parlare di quest’Opera significa parlare della vita di un quartiere e di una città intera,” ha ricordato Don Sergio Pellini, direttore dell’Istituto Don Bosco di Genova Sampierdarena. “Da 150 anni il Don Bosco vive in simbiosi con Genova. Siamo onorati di accogliere i vertici della Congregazione con i nuovi coraggiosi missionari perché ci sono di esempio e stimolo a fare della nostra vita un dono d’amore”.

Un Invito a rinnovare lo slancio missionario
Alla solenne cerimonia di inaugurazione hanno partecipato il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Fabio Attard, undicesimo successore di Don Bosco, e Suor Chiara Cazzuola, Madre Generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
“Oggi più che mai, la presenza è importante. Dare forza e coraggio ai giovani, incoraggiandoli a guardare il futuro con fiducia, è ciò che viene chiesto a ogni missionario salesiano,” conclude Don Pellini. La presenza dei nuovi missionari benedetti a Valdocco ha reso l’inaugurazione un ponte tra il passato glorioso e un futuro in cui la missione continua ad essere un mandato: questo anniversario sia davvero un invito a rinnovare lo slancio missionario e a vivere il carisma salesiano con creatività e coraggio.

Allo stesso modo, il Rettor Maggiore, don Fabio Attard, durante l’omelia ha ricordato la foto di don Bosco che, con la testa bassa e come un servitore, si mette in ascolto di quel ragazzo che poi è diventato suo successore: Paolo Albera.
“Questo è il messaggio che voglio lasciare: un santo è grande non perché ha fatto delle cose spettacolari, ma perché ha fatto le cose più semplici della vita. Ha accolto i ragazzi che non avevano casa. Si è fatto umile, piccolo, perché i ragazzi potessero connettersi con lui. E quando Don Bosco ha detto loro: «La tua vita è bella, è un dono. Io, se vuoi, ti aiuto», alcuni di questi ragazzi hanno fatto una vita straordinaria”.