Didattica innovativa già presente da alcuni anni nell’Istituto scolastico dei Salesiani di Roma-Pio XI. Pensare a Don Bosco senza il cortile sarebbe un controsenso e mancherebbe un elemento fondante la sua relazione educativa: “cortile per incontrarsi da amici”.
Oggi dire cortile è dire luogo per incontrarsi, come amici e come studenti, come docenti e come educatori: cortile digitale. Il cortile è luogo e criterio educativo che non può che ispirare e dare un orizzonte anche all’ambiente educativo quale è la scuola.
Ecco una riflessione da parte del Prof. Gianmarco Proietti, Docente e Coordinatore delle attività educative e didattiche scuola media e licei PIO XI.
Vidi l'Oratorio e tutti voi che facevate ricreazione. Ma non più udiva grida e cantici, non più vedeva quel moto, quella vita come nella prima scena. Negli atti e nel viso di molti di voi si leggeva una spossatezza, una noia, una musoneria, una diffidenza che faceva pena al mio cuore. Vidi è vero molti che correvano, giuocavano, si agitavano con beata spensieratezza, ma altri non pochi io ne vedeva star soli appoggiati ai pilastri in preda a pensieri sconfortanti
La scuola oggi è purtroppo densa di giovani soli appoggiati ai pilastri, e che cercano studiosamente di allontanarsi dai maestri è densa anche di docenti e formatori lamentosi, probabilmente frustrati, affaticati da una mole di lavoro che non vede risultati.
La relazione tra le persone, nel rispetto dei
ruoli, è l’elemento caratterizzante l’attività educativa e conseguentemente
quella didattica.
In questo sistema trova spazio la continua ricerca
dei mezzi necessari a far emergere questa soggettività del giovane. La scuola
con Tablet o la scuola 2.0, per la
quale abbiamo progettato questo lavoro, nasce proprio come risultato di una
lettura scientifica del tempo, delle sue velocità e liquidità: è la risposta
declinata in chiave contemporanea di quell’evidente richiamo ad ogni educatore:
“Che cosa ci vuole adunque? - Che essendo
amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni
infantili, imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente loro
piacciono poco” Questa è ancora la rivoluzione culturale che don Bosco
produsse nella pedagogia.
Quella che viene chiamata la digitalizzazione, la dematerializzazione scolastica, altro non è che l’addentrarsi con coraggio in altri “luoghi educativi”, probabilmente sconosciuti al mondo degli adulti, e lì, dove sono i giovani, intessere relazioni e fare scuola.
La ricerca di senso sul nostro mestiere di insegnanti e di educatori di fronte a quello che sembra essere un cambio di paradigma del modo di pensare, del modo di insegnare e del modo di insegnare a pensare. Scendere in questo cortile che chiamiamo realtà virtuale o agorà elettronica o socialnetwork, e lasciarci interrogare dalla sua novità.
Un nuovo cortile del quale già abbiamo
potuto vedere in questi anni alcuni angoli bui, di fronte ai quali sono
comprensibili le nostre paure in quanto educatori, anche solo a scorrere un
elenco non ordinato: dipendenze patologiche, pedofilia, pornografia, mancanza
di un reale contatto con la realtà (materiale, affettiva, sociale),
manipolazione delle informazioni, controllo dei dati, spacchettamento dei contentuti,
velocità, mancanza di riflessione…
Ora, lasciarsi interrogare dai rischi nascosti negli angoli bui non vuol dire cedere posizioni al nuovo.
Il punto è che, se la nostra unica azione in quanto
educatori è prendere le distanze per additare un angolo buio, quell’angolo
sempre buio rimane! Mentre dovrebbe essere illuminato.
Così
è nato wcare: una raccolta, un
manuale per volgere sul piano educativo una strada che altri in Italia stavano
affrontando solo dal punto di vista tecnico e tuttalpiù didattico. Voluto dal
CNOS FAP e realizzato dal Polo Grafico di cui il CFP PIO XI è parte attiva e
dalla Scuola PIO XI di Roma.
Tra
i tanti articoli, all’interno si trovano i contributi pedagogici del prof.
Franchini e del prof. Pellerey, le interviste video a don Fabio Attard SdB,
alla prof. Susanna Bianchini e a Eraldo Affinati, i contributi esperienziali di
Salvatore Giuliano e Dianora Bardi.
C’è un aspetto ancora da analizzare ed è riassunto nel titolo del nostro lavoro: We Care, ci sta a cuore. Nella Lettera ai Giudici del 1965, don Lorenzo Milani con la sua straordinaria passione scrive: «Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande: I CARE. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista -Me ne frego». Due anni più tardi, scriverà ad un suo ex allievo, Francuccio Gesualdi: «Stasera ho provato a mettere un disco di Beethoven per vedere se posso ritornare al mio mondo e alla mia razza e sabato far dire a Rino: - Il priore non riceve perché sta ascoltando un disco - . Volevo anche scrivere sulla porta - I dont care più -, ma invece me ne care ancora molto» (Lettera di Don Milani a Francuccio Gesualdi, 4 aprile 1967).
Oggi occorre declinare in modo plurale l’invito
don Lorenzo Milani: lui da solo,
abbandonato nelle colline di Barbiana, trasformò quel luogo solitario in un
luogo educativo, testimoniando con la sua vita che la vera libertà nasce dalla
partecipazione alle vicende del proprio tempo. Quel ‘noi’, prima persona plurale,
che mancava per condanna a don Lorenzo, potrebbe essere il riscatto di una vita
eroica spesa per l’educazione dei più piccoli.
A chi fa scuola, a noi, oggi sta a cuore la
quotidianità, che è lo spazio e il tempo vissuto dai giovani: quella
quotidianità che abbiamo l’ambizione di trasformare: nella rete, sui socialnetwork esistono infinite Barbiane che da freddi luoghi di
solitudine aspettano educatori pronti a trasformarli in luoghi educativi e di
apprendimento. Non è una sfida, perché non amiamo termini violenti e l’educazione è cosa di cuore, ma un
invito pressante la cui risposta è segno di coerenza con la missione che ogni
educatore ha deciso di vivere.
Info: pio-direttoresdb@donbosco.it - tel. 0678440101