Da circa due mesi nelle Case Salesiane di Frascati e
Macerata e all’Oratorio di Prato sono iniziate delle esperienza di accoglienza
di famiglie afgane, in collaborazione con Salesiani per il Sociale.
Il loro arrivo, pochi giorni prima del Natale, è stato
come ricevere un bel dono improvviso perché nessuno si sarebbe aspettato degli
arrivi così rapidi.
In tutte le comunità gli adulti, famiglie e i giovani si
sono subito messi all’opera per preparare le accoglienze, pulendo e riordinando
i vari ambienti, rintracciando i beni di prima necessità che sarebbero serviti
per i primi giorni.
Le prime azioni messe in campo, dopo il periodo di quarantena, sono state l’avvio di tutte le pratiche nelle varie Questure e negli Uffici Immigrazioni per ottenere dei documenti provvisori dei permessi di soggiorno per rifugiati e i codici fiscali, quest’ultimi importanti per le cure sanitarie e i vaccini.
A Macerata altra azione che sono riusciti ad iniziare
è l’avvio del corso di Italiano. Grazie all’aiuto di qualche mamma e dei
ragazzi di casa Pinardi, tutti hanno finalmente e ufficialmente intrapreso lo
studio della nostra lingua con interesse e coinvolgimento. A Prato i bambini piccoli di 4 e 8 anni sono
stati inseriti a scuola don Bosco nelle rispettive classi. Sia le maestre che i
compagni si sono dimostrati subito curiosi e accoglienti nei loro confronti,
aiutandoli nei primi passi di questa avventura.
Vederli camminare con zainetto, tuta della scuola o grembiule ha creato
una certa emozione sia in noi che nei genitori.
Intorno alle famiglie accolte si sta creando una rete
di famiglie e di giovani che
sostengono le loro quotidianità con tutte le
bellezze e fatiche che si possono incontrare. Oltre a Salesiani per il Sociale
che accompagna e coordina i vari gruppi, nelle realtà è significativa sia la
presenza di tante persone che con le proprie competenze si mettono a
disposizione per dare aiuti e consigli utili sia la rete con associazioni
esterne che a vario titolo danno il proprio contributo.
Chi accoglie sta comprendendo quanto sia importante la
ri-organizzazione della vita di queste persone in un contesto a loro
sconosciuto lasciando tuttavia la libertà di vivere la propria vita familiare.
In
alcune Opere, la famiglia accolta è stata già presentata alla Comunità
Educativa Pastorale in modo ufficiale, in altre ancora non è stato compiuto
questo passaggio ma piano pianino si stanno facendo conoscere superando le
difficoltà della lingua.
Casa che Accoglie si traduce oggi in molti modi nel
contesto educativo pastorale. Una famiglia accolta da famiglie è un segno di
una Comunità che scommettendo su una pastorale giovanile che coinvolge la
famiglia capisce che accoglierle vuol dire accogliere i giovani e dare loro una
prospettiva di crescita. L’accoglienza delle famiglie afghane si può tradurre
nello stesso modo. Non sappiamo per quanto tempo rimarranno nei nostri
ambienti, ma sappiamo che tutte le Case stanno cercando di renderli più
autonomi e indipendenti per il domani, con la speranza che possano vivere anche
loro l’esperienza di crescere come famiglia tra altre famiglie, e di vedere i
loro figli crescere con la speranza di un mondo a misura di uomo e di ogni
uomo.
Elisa Merlini