Abbiamo intervistato Samuele Cucè, volontario del servizio
civile del progetto “Sulla strada di casa” di Livorno, il quale ci ha
raccontato la sua esperienza dell’estate ragazzi che hanno svolto recentemente
in oratorio. Si è trattato di un momento di condivisione dove si è potuta
percepire la volontà da parte di questi volontari di mettersi in gioco e di
poter arricchire, e trasmettere allo stesso tempo, la loro esperienza e le loro
capacità.
Come si è svolta questa “Estate ragazzi”? Di quanti ragazzi siete stati il riferimento?
Innanzitutto, rispetto lo scorso anno siamo riusciti a
raddoppiare il numero delle personeche hanno partecipato per un totale di
circa 120 ragazzi.
Il tema di quest’anno, su cui abbiamo deciso di svolgere
l’estate ragazzi, è stato quello di “Harry Potter”, decidendo di suddividere i
ragazzi in quattro squadre rispettivamente in linea con le quattro casate della
scuola di Hogwarts.
Infine, anche grazie all’aiuto di un animatore del progetto,
e del suo produttore musicale, siamo riusciti a creare un nostro inno con il
testo scritto da suor Carmen, fma dell’oratorio di Livorno.
Come si svolgevano le giornate e quali erano le attività nello specifico?
La mattina c’era il momento di accoglienza, dove ai ragazzi
veniva dato un pallone e potevano iniziare a giocare in oratorio.
Dopo il ballo iniziale, facevamo una “scenetta” lanciata
dagli animatori che indicava il tema della giornata, per poi proseguire con dei
giochi che spesso erano organizzati, anche seguendo questi temi particolari che
richiedevano dover inventare un qualcosa di nuovo e coinvolgente per i ragazzi.
Si proseguiva con i laboratori che si svolgevano prima di
pranzo, dove si lavorava sulla creatività dei ragazzi, e in questo il tema di
“Harry Potter” ha aiutato, per esempio con la creazione di un boccino d’oro
creato tramite una pallina di ping pong con due ali attaccate esternamente. Il
fine era indubbiamente staccare i giovani anche dagli smartphone e da altri
strumenti elettronici per favorire il loro estro.
Dopo il pranzo poi si andava avanti con il gioco libero e il
gioco pomeridiano, dove ci riunivamo ancora una volta per arrivare alla
preghiera di saluto o della “buonanotte” tramite la canzone “Metti in circolo
il tuo amore”, che è una preghiera vera e propria.
Quest’anno si è tentato di tornare alla normalità, a vivere nuovamente nel gruppo dopo tante difficoltà. Cosa significa per voi tutto questo?
Significa vivere passo dopo passo e tornare a quella
normalità che ci portava ad avere sempre 120 ragazzi più o meno, e che solo lo
scorso anno abbiamo visto dimezzare. Tornare su cifre alte di partecipanti comporta sicuramente
un’esperienza maggiore e ancora più bella, anche con la presenza di alcune
difficoltà che sono state superate tramite regole aggiuntive o escamotage per
vivere al meglio il gruppo. Non dobbiamo per forza parlare di regole
restrittive, perché possono essere intese e vissute come un modo diverso per
vivere la stessa esperienza.
In questo senso, quali difficoltà tecniche avete riscontrato durante le attività?
Sicuramente l’uso della mascherina con il caldo dell’estate,
e in questo senso abbiamo riscontrato molte difficoltà per i ragazzi. Le alte
temperature, inoltre, hanno reso indispensabile far bagnare la testa ai giovani
esposti al sole, e mentre prima usavamo delle bottiglie dove potevano anche
bere, con le nuove restrizioni abbiamo adoperato degli spruzzini solo per
rinfrescarli, e ognuno beveva dalla propria borraccia personale.
Risulta impossibile non associare le difficoltà al covid. Ci hai già accennato riguardo qualche misura preventiva, e nel concreto quali altre azioni
avete adoperato?
La misura più importante che è stata adottata è sicuramente
il distanziamento sociale, e sappiamo come non vada di pari passo con il gioco.
Così siamo riusciti a trovare un modo scherzoso di farli andare d’accordo:
abbiamo dato ad ogni ragazzo un hula hoop colorato e questo doveva segnare la
distanza con gli altri. Questi oggetti sono a forma di cerchio, e tale forma
generalmente indica il gioco, ed era bello vedere come i ragazzi stessi
creavano distanziamento tra loro tramite questo meccanismo. A fine giornata poi
si riconsegnavano gli hula hoop che sarebbero stati poi disinfettati.
Hai già avuto esperienza con “Estate ragazzi” in passato e
stai proseguendo tuttora insieme ad altri progetti, ma cosa ti ha spinto
maggiormente nel seguire il progetto salesiano?
Io da bambino sono stato animato e quando vedevo gli
animatori con le loro magliette il primo pensiero era “voglio farlo anche io!”.
Avevo 12 anni quando lo pensai e, al tempo, non ti rendi conto di alcune cose
che scopri solo crescendo, come lo spendersi e il donarsi per gli altri.
Seguire questo progetto voleva dire essere mossi dalla gioia nel vedere nei
bambini il sorriso di quando tornano a casa dopo una giornata impegnativa.
Veder gioire chi ha affrontato il caldo, la mascherina e il distanziamento è il
modo in cui tutti noi (animatori, volontari e civilisti) veniamo ripagati
dall’aver seguito un progetto così bello ed ambizioso.
Si tratta appunto di spendersi e donarsi per gli altri, per i più giovani e per chine necessita maggiormente. Per te che sei stato sia animato che animatore,
quanta importanza assume tutto questo?
Si tratta di stare accanto ai ragazzi, di vivere con loro e
per loro. Risulta ancora più bello per me, come altri, aver vissuto entrambe le
facce della medaglia, e sicuramente l’esperienza da animato arricchisce quella
futura da animatore perché già sai come funzionano molte cose, sai quali
difficoltà ci sono e crei più coesione ed empatia con i giovani.
Terminata l’Estate ragazzi state svolgendo altre attività nell’oratorio?
Abbiamo adottato una specie di estate ragazzi “light”, che abbiamo chiamato “Estate mattina” dove, come può indicare il nome, ci si unisce solo la mattina per aiutare i ragazzi con i compiti per le vacanze, ma anche per il gioco e per la preghiera (piccoli passi del vangelo). La differenza principale con l’estate ragazzi è che non ci sono le squadre per suddividere i giovani ma si trova il modo di farli conoscere interagendo ogni giorno con compagni diversi.
Per concludere, puoi dedicarci uno spunto o una riflessione
sulla tua esperienza e su quello che stai vivendo?
Ho pensato al fatto che ci sono molti giovani che non sono
mai entrati in oratorio, e che magari sono atei o hanno altre religioni, e
posso assicurare che vivere l’esperienza con i ragazzi e vivere l’esperienza
salesiana non vuol dire dedicarsi solo alla preghiera, che rimane comunque
fondamentale, perché c’è molto altro: lo stare in mezzo ai ragazzi, scoprire
nuove cose e mettersi in gioco anche grazie al vangelo. Infatti è proprio il
vangelo che ti aiuta ancora oggi a vivere, perché nonostante siano passati
secoli, gli insegnamenti sono pur sempre attuali. Quindi la mia riflessione è
rivolta a tutti, ed è sulla visione del vangelo, non solo come preghiera, ma
per considerarla nella realtà di tutti i giorni, ossia paragonare il vangelo
stesso ad un paio di occhiali che mettono a fuoco determinate cose che riesci
ad apprendere meglio. Vivo questa esperienza con tanti ragazzi che, come me,
sono contentissimi di far parte di tutto questo e condividere questa visione
con i ragazzi più giovani.
Gabriele Santucci