E' stata un'esperienza che ha lasciato impronte profonde. Ho scoperto i miei limiti, le mie capacità. Sono riuscita a mettere tutto ciò che avevo a servizio del prossimo e questo mi ha spinto a vivere tutte le domande della mia vita in modo nuovo. Si dice che il pensiero nasca dal lavoro ed è vero: non c'è mai stata un'attività che non mi abbia portato all'analisi e alla riflessione, sia personale che di gruppo. Un’ esperienza a mio parere è veramente formativa quando riesce a scardinare e riordinare ciò che è fermo, distruggendo certezze e ricostruendone altre, più ricche, insomma a mettere in moto la mente e le energie.
Ho iniziato a riflettere: cosa dà veramente senso alle mie azioni?
Quanto contano le paure? Quali sono le cose essenziali? Ho scoperto che
l’importante nella vita non è essere legati a una situazione sicura e a dei
legami sociali o affettivi rassicuranti, ma trovare un modo per esprimere ciò
che veramente si è e si possiede, lasciando indietro la paura, che spesso è
l'unico limite della nostra vita. In questo modo si riesce ad amare le persone,
ma anche il lavoro.
L'anno di servizio non è finito nel vuoto, ho trovato subito
l’occasione per mettere in pratica quanto avevo vissuto e appreso. Così mi sono
ritrovata in Africa, ad insegnare italiano a dei ragazzi fantastici, ognuno a
suo modo.
Ma se immaginiamo studenti tristi e disperati per la fatica ci sbagliamo... Loro provano dolore e si stancano come non mai, ma non perdono il sorriso e la speranza. Rimangono in classe dalle sette di mattina alle tre del pomeriggio e spesso la campanella non basta ad interrompere il loro lavoro. Si radunano all'uscita per chiedere chiarimenti, curiosità, esercizi extra addirittura! Hanno un'idea quasi sacra della responsabilità e sanno che la scuola è un'occasione, non un obbligo. Giudicano tutto con uno sguardo diverso: ho visto ragazzi commuoversi leggendo Alla luna e ammutolire quasi con spavento davanti al Pessimismo Cosmico. Da noi succede sempre meno perché sappiamo già chi è Leopardi, siamo abituati all'idea e ne sottovalutiamo il significato. Loro invece non apprendono mai in modo passivo e sono sempre capaci di dire: “Non sono d’accordo “, “Perché dice questo?”, “Non è vero prof, l'autore si sbaglia, la vita è diversa!”.
Guardando indietro posso sicuramente essere felice della scelta che ho fatto. Credo che il modo migliore per crescere sia mettere da parte la logica dell'affermazione personale e della competizione e lasciare spazio a qualcosa che amiamo e che ci spinge ad amare. Ciò che di bello ho nella mia vita oggi lo devo a questo.
A cura di Marta Campana