(Agensir - Giovanna Pasqualin Traversa 14.11.2017) Nel nostro Paese cresce il numero di bambini in povertà assoluta: 1 su 8 vive in questa condizione, il 14% in più rispetto all’anno precedente. Non sempre la scuola riesce a colmare le disparità socio-economiche: il tasso di ripetenze è sei volte maggiore nelle scuole che presentano un indice socio-economico e culturale più basso.
Un viaggio nel sistema educativo italiano: l’Atlante dell’Infanzia a rischio 2017 di Save the children, giunto all’ottava edizione e per il secondo anno consecutivo edito da Treccani, è dedicato al mondo della scuola e intitolato significativamente – a 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani – “Lettera alla scuola”. Presentando oggi, 14 novembre, l’indagine in anteprima a Roma, Valerio Neri, direttore generale dell’organizzazione umanitaria, ha osservato che “la scuola è un luogo chiave nell’infanzia di ogni bambino: è qui che i talenti e le relazioni vengono sviluppati, è qui che sono gettate le basi del loro futuro”; eppure “continuiamo a trovarci di fronte a una scuola che, a volte, alimenta le disparità”.
Di qui la necessità che “sia riconosciuto il
diritto di tutti i bambini a un’eguale istruzione, a prescindere dal contesto
sociale ed economico in cui vivono”.
Lo scenario delineato dall’Atlante non è
infatti dei più rassicuranti: in Italia vivono 669mila famiglie con minori in condizione
di povertà assoluta che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa
alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7,60 per
l’istruzione al mese. È un fenomeno che investe tutto il Paese: i bambini in
questa situazione – 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il
12,5% del totale dei minori (il 12% al Nord, l’11,6% al Centro, il 13,7% al
Sud).
In questa cornice, la correlazione tra
condizione socio-economica e successo (o insuccesso) scolastico è più forte che
in altri Paesi europei: nelle scuole caratterizzate da un indice
socio-economico basso l’incidenza di ripetenze rispetto alle scuole con un
indice elevato è 23 punti percentuali maggiore, mentre la differenza media nei
paesi Ocse è del 14,3%. Negli ultimi decenni sono stati compiuti importanti
passi in avanti nel contrasto alla dispersione scolastica, con una tendenza
positiva che ha visto il tasso di abbandono abbassarsi progressivamente.
Tuttavia, se il dato nazionale è oggi pari al 13,8%, la Sicilia detiene
il primato negativo del 23,5%, seguita dalla Sardegna (18,1%). Secondo
l’associazione, il fenomeno continua a rappresentare una delle principali sfide
con cui la scuola italiana deve fare i conti perché ogni anno oltre 130mila
ragazzi sono a rischio dispersione scolastica.
Una sfida alla quale Save the children risponde con Fuoriclasse in movimento, iniziativa nata dallo sforzo congiunto dell’organizzazione e dei docenti delle scuole di primo e secondo grado, che mette in rete 150 istituti in tutta Italia, raggiungendo in modo diretto 20mila minori e coinvolgendo attivamente circa 2mila insegnanti e 1.000 genitori. Obiettivo, cambiare le politiche scolastiche, partendo dal dialogo tra docenti, studenti e famiglie: strumento centrale in questo percorso sono i Consigli fuoriclasse, tavoli di confronto per definire insieme soluzioni e azioni di cambiamento. Grazie al programma, soggetto a valutazione di impatto e illustrato oggi insieme all’Atlante in questi primi due anni nelle scuole secondarie aderenti il numero di assenze medio è stato dimezzato, i ritardatari cronici sono stati ridotti dell’8,6%; il 5% degli studenti ha migliorato il rendimento.
Risultati positivi anche
nelle primarie. Per Massimo Bray, direttore generale di Treccani, di fronte
alle “rivoluzioni culturali e antropologiche della storia dell’umanità” la
società italiana deve “adeguare rapidamente il proprio sistema formativo”, mentre
Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the children,
avverte: “La scuola italiana è stata spesso lasciata sola. In un Paese segnato
da grandi squilibri territoriali” occorre “un dispositivo nazionale per
sostenere le scuole nei contesti più svantaggiati”.