La notizia, riportata dai media, è semplice anche nella sua titolazione: furto con destrezza, ai danni di una dodicenne, in pieno giorno ad opera di un extracomunitario.
La vicenda dal contesto sociale
e cittadino, si sposta in quello dell’ Oratorio Don Bosco per alcune
espressioni usate nel tentativo di ridurre l’impatto sociale dell’accaduto: “anche
all'oratorio Don Bosco succedono atti di bullismo”.
Non manca la risposta: “una
dichiarazione senza nesso logico con quanto accaduto in città ad una ragazzina
in pieno giorno” E poi un’ulteriore affermazione: “A mio modo di vedere l'oratorio Don Bosco a
Vallecrosia è forse l'unico ambiente sano dove i nostri ragazzi possono
crescere sereni, l'unico posto dove ci sono persone che in modo totalmente
gratuito spendono il loro tempo per la crescita e l'educazione delle future generazioni”.
A noi non
interessano i nomi di chi è intervenuto nella vicenda.
Il
contesto è occasione per fare nostre le parole dei responsabili dell’ Oratorio Don Bosco
che, dopo alcuni giorni dall’accaduto, si presenta per raccontare quella vita
ordinaria e quotidiana che è un “essere
quotidianamente a servizio di questi ragazzi che sono i ragazzi della nostra
città e di quelle vicine; di questi ragazzi che popolano i nostri ambienti
portando con se le loro difficoltà, le loro asprezze e i loro disagi ma anche i
loro sogni e le loro speranze nella continua ricerca e lotta di una vita nuova
da realizzare.”
La pagina Facebook dell’Oratorio Don Bosco di Vallecrosia ha ripreso le riflessioni intorno all' accaduto.
“Se da una parte può
fare piacere che quando si parla di situazioni che coinvolgono i minori
l’Oratorio Don Bosco venga tirato in ballo, attestando così il suo ruolo di
primo piano in questa città nel settore dell’educazione giovanile, dall’altra
ci si domanda quale sia il vero senso del nostro essere menzionati.
È il caso del tentato furto “con destrezza” ai danni di una dodicenne che è diventa l’occasione per le varie parti politiche di tirare in ballo l’Oratorio don Bosco ed i suoi ragazzi. Ci siamo presi del tempo per capire se entrare o meno in questa querelle, e alla fine abbiamo deciso di farlo, ma a modo nostro, mostrando il nostro essere quotidianamente a servizio di questi ragazzi che sono i ragazzi della nostra città e di quelle vicine; di questi ragazzi che popolano i nostri ambienti portando con se le loro difficoltà, le loro asprezze e i loro disagi ma anche i loro sogni e le loro speranze nella continua ricerca e lotta di una vita nuova da realizzare.
Alle 15 di un giorno qualsiasi, di una qualsiasi
settimana. Le scuole sono finite da poco più di un’ora e già nel cortile
dell’Oratorio – Centro Giovanile Don Bosco di Vallecrosia, iniziano a girare i
primi gruppetti di ragazzi. Sono ragazzi che vengono a studiare, nella sala
studio messa a disposizione gratuitamente dall’Opera Salesiana di Vallecrosia
dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 17 con operatori qualificati
nell’assistenza allo studio.
Oppure sono ragazzi della squadra di rugby che
si allena il lunedì, il mercoledì e il venerdì nei campi dell’oratorio. Oppure
sono i soliti ragazzi “da cortile” quelli a cui stare in casa un po’ pesa,
meglio spendere il pomeriggio in giro, intessendo reti di relazioni di vario
genere, purtroppo anche con aspetti devianti. È un popolo variopinto quello
che, tra le 15 e le 16 di ogni pomeriggio, si assiepa nel cortile
dell’oratorio. Un’invasione pacifica e rumorosa che porta dietro storie, volti,
difficoltà e gioie, che si riversano su un tavolo comune di socializzazione e
incontro. Alle 16 ecco la seconda invasione.
Mamme e bambini delle scuole elementari, ragazzi
che finiscono di studiare e decidono di passare un’ora in oratorio per giocare
a Basket, calcio o anche solo per chiacchierare sugli scalini o al bar. È un movimento
costante che, come un’onda, aumenta e diminuisce. Sì, perché l’oratorio è
estrema libertà di espressione di sé! L’oratorio è sinergia tra il voler essere
e la realtà concreta della propria esistenza. Parafrasando una celebre frase
che vuole che l’oratorio sia un ponte tra la Chiesa e la strada, potremmo dire
che l’oratorio è un ponte tra il progettare la propria vita e il metterla in
opera.
Il ragazzo del servizio civile addetto alla
consegna dei palloni sta impazzendo: un continuo via vai di bambini, ragazzi e
genitori che lo cercano per prendere un pallone dalla cesta, rigorosamente
chiusa per evitare uno spreco di palloni. Per avere il pallone ci vuole la
tessera, segno di appartenenza e di scelta di un luogo che non è una piazza, ma
uno stile di vita in e con cui crescere.
Le mamme chiacchierano al bar mentre i bambini
trovano un loro spazio in cui fare i giochi più svariati. C’è chi gioca a
nascondino, chi si rincorre, chi, sebbene sappia che non si può, entra in bici
e prova a farsi qualche giro, inseguito da un volontario del servizio civile
che lo invita in vario modo a scendere e posare la bici. L’oratorio è anche
questo: relazionarsi con le regole anche in un contesto che apparentemente è
destrutturato. È capire che in ogni momento siamo chiamati a rispettare gli
altri e a cercare il meglio per noi e per loro.
Suonano le 17. Dagli altoparlanti veniamo
invitati ad andare sugli scalini davanti al cinema. “È un momento per tutti!
Forza ragazzi rapidi!!!”. Questo invito viene rivolto ai ragazzi fino a che
tutti i presenti in oratorio non si sono radunati sugli scalini o nelle
vicinanze. Un invito che si ripete nelle bocche dei collaboratori adulti
presenti, dalle volontarie che prestano servizio al bar e vigilano in sala
giochi agli allenatori che stanno nei campi di calcio. Si sente che è un
momento importante. Lo si sente perché tutti si sono fermati e anche perché
qualche ragazzo cerca di scansarlo troppa responsabilità ascoltare, ma alla
fine si convince e si ferma.
L’incaricato dell’oratorio o qualche salesiano a
turno danno vita all’antica tradizione, voluta da Don Bosco stesso, del
pensiero della buonanotte trasformato in buonasera. Cinque minuti per fermarsi
a riflettere su una tematica, per dare gli “avvisi di famiglia” e poi un’Ave
Maria e si torna di corsa a giocare. Chi è uscito durante la preghiera viene
fermato sul cancello e forse capisce che gli sarebbero convenuti i 5 minuti
insieme agli altri ai 10 minuti da solo con l’incaricato dell’oratorio che
parla, parla e parla
Subito dopo la “buonasera” delle 17 iniziano
anche tutta una serie di attività culturali-ricreative. Il lunedì (per III
media e superiori) e il martedì (per elementari e medie) il corso di Teatro con
Davide Barella. Il martedì e il giovedì il corso di Ping pong con il maestro
Gianbeppe Cuatto. Il mercoledì il corso di fai da te per i più piccolini. Il
sabato il corso di Chitarra e di Ballo. Insomma non c’è un attimo di
tranquillità!!!
Alcuni ragazzi un po’ più grandicelli si
inseriscono nei gruppetti di ragazzi che stazionano nel cortile: sono
animatori. Ragazzi che hanno scelto di prestare il loro servizio ai coetanei
portando una parola buona, un seme di speranza e magari invitandoli ai loro
gruppi di confronto, i gruppi apostolici che si tengono il venerdì alle 18.
Tutto fila liscio? No, non proprio… stiamo
parlando di ragazzi: sperimentarsi nella vita con gli altri è il loro mestiere
con tutte le inesperienze e possibilità che questo comporta. Allora a volte si
generano delle tensioni per una partita a calcio non andata come si voleva, a
volte tutto il nervoso accumulato a casa, a scuola, in una situazione
sentimentale che non sta andando per il meglio, sfocia in un litigio, magari
acceso, magari si vorrebbe arrivare a dare un pugno a quel mio compagno che ho
individuato come responsabile… a volte si riesce anche a darglielo.
Tuttavia la cosa che fa stare sereni i ragazzi
anche in quel momento di forte rabbia, spesso sono arrabbiati con tutto il
mondo: loro compresi, è che sanno che qualcuno interverrà e cercherà di mettere
ordine in quei sentimenti. Quel tentativo di rissa era un modo per chiedere di
parlare con qualcuno, non tutti abbiamo gli stessi mezzi per chiedere cose
simili. Allora si apre un dialogo fitto in cui chi interviene per placare gli
animi, cerca di capire, di suggerire qualche strategia per concludere il
momento negativo e tornare a giocare in pace. A volte il ragazzo più arrabbiato
piange, si sfoga, inizia a camminare avanti e indietro per l’oratorio con il
salesiano o con l’incaricato dell’oratorio e parla, parla, parla.
Tutto questo parlare non si conclude con tante
chiacchiere vuote. Ci si spoglia un po’ di quella corazza di apparenza e si
diventa un po’ più umani. Lavorare con i ragazzi non è semplice! Ci si trova
spesso davanti a voragini di fragilità, indecisioni, fallimenti che minano la
progettazione sulla propria vita e aprono la strada a soluzioni più facili ed
immediate.
Il bello del poter stare in cortile è
ricominciare ogni giorno con una nuova semina di speranza. Ogni sera si
raccolgono i palloni che sono rimasti sparsi per il cortile, pochi per fortuna,
ma si raccolgono anche i frutti di alcune chiacchierate, di qualche abbraccio
spontaneo, di qualche battuta e risata. L’oratorio non è meramente un luogo
ludico! È un luogo di vita, è un luogo di speranza in un mondo che propone solo
dei modelli riusciti e mai dei modelli in cammino, in cambiamento, in crisi.
L’oratorio è un luogo dove trovare un senso pieno di sé; dove sognare protetti
e sperimentarsi tutelati.
Non credo esista un oratorio perfetto, sarebbe
un posto in cui non si sta bene, un posto in cui non si può essere sé stessi.
L’oratorio diventa una missione per i giovani e gli adulti nelle parole di San
Giovanni Paolo II che ci spinge «Condividendo la vita dei vostri coetanei nei
luoghi dello studio, del divertimento, dello sport e della cultura, cercate di
recare loro l’annuncio liberante del Vangelo. Rilanciate gli oratori,
adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con
particolare attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o
è caduto nelle maglie della devianza e della delinquenza».
«Non dobbiamo avere paura dei ragazzi a
rischio, di quelli che sono a stretto contatto con realtà di devianza. Non
dobbiamo cadere nel tranello di etichettarli e lasciarli sempre di più nella
marginalità in cui si sono rinchiusi. Dobbiamo essere attenti costruttori di
ponti continuamente nuovi per mostrare la nostra volontà e il nostro desiderio
di volergli bene». Con queste parole si esprimono i salesiani di Vallecrosia.
Sono le 19 lentamente i ragazzi riguadagnano
l’uscita, d’altronde è sempre difficile lasciare un posto in cui ci sente
pienamente se stessi, felici. Il cortile si svuota, riecheggiano i saluti degli
animatori che si sono attardati per un’ultima battuta prima di tornare alle
loro famiglie. Infine resta ancora qualche ragazzo, a casa sembra non volerci
tornare, spesso sa che cosa troverà. Un’ultima parola, un augurio di buona sera
e poi si convince. Domani alle 15 puntuale, come sempre, sarà davanti al
cancello in attesa che apra… in quale casa vivere, nel suo cuore, lo ha già
deciso” .